Forse non sai che un tempo i paccheri erano considerati la “ pasta dei poveri “ perché, vista la grande dimensione, ne bastavano pochi per riempire il piatto, altra curiosità simpatica, riguarda l’origine del nome che in dialetto partenopeo significa “schiaffo” e perciò vengono spesso chiamati anche schiaffoni. Inoltre, con questo formato di pasta, l’abbinamento con un buon sugo liquido, fa sì che quando si versano nei piatti emettono un particolare suono che assomiglia ad uno schiaffo.
L’incontro dei paccheri con il pomodoro, fu amore a prima: un condimento capace di far esaltare il sapore della semola di grano duro e di conseguenza la fragranza ad ogni boccone, la superficie rugosa al punto giusto, trattiene molto bene il condimento garantendo un gusto impareggiabile. Dal paccheri al mezzo pacchero il passo è breve ed è davvero facile, con gli ingredienti giusti, trasformare un semplice piatto di pasta in uno sfizioso piatto unico, perfettanenrpte equilibrato nutrizionalmente, veloce e facile da realizzare.
Ingredienti
- 300 g mezzi paccheri
- 400 g di pomodorini ciliegia di Pachino
- 60 g di olive taggiasche denocciolate
- 500 g di seppioline già pulite
- 1 spicchio d’aglio
- timo fresco.
- pepe nero, sale
- olio extra vergine di oliva italiano
Procedimento
In una padella scaldare poco olio con lo spicchio d’aglio intero, un rametto di timo e le seppioline tagliate a tocchetti, lasciar prendere calore e aggiungere i pomodorini lavati e tagliati a metà.
Nel frattempo portare a bollore abbondante acqua salata e cuocere la pasta scolandola molto al dente, conservando un poco di acqua di cottura.
Togliere dalla padella i pomodorini e le seppioline, conservandoli al caldo, e trasferire i mezzi paccheri nella padella facendoli insaporire nel fondo di cottura bagnando con l’acqua di cottura tenuta da parte.
Unire tutti gli ingredienti tenuti da parte e le olive amalgamando bene il tutto, ultimare la preparazione con un filo di olio crudo, foglioline di timo e a piacere una macinata di pepe nero.
Per questa preparazione ho utilizzato mezzi paccheri VERRIGNI trafilati al bronzo, impastati con la migliore semola di grano duro italiano. La storia di Verrigni affonda le sue radici nella curiosità di un viaggiatore che alla fine dell’Ottocento porta in Abruzzo l’esperienza del vissuto di altre regioni del sud dove aveva, incuriosito, osservato la pasta stesa al sole.
Il Sud, la Campania, l’Abruzzo, la Puglia: regioni vocate alla pastificazione, baciate da un sole caldo e provvido di quel calore necessario per asciugare la pasta ed offrirla buona e croccante al consumatore.
A distanza di più di cento anni Verrigni conserva la passione dei fondatori, l’etica di scegliere sempre il meglio delle materie prime e soprattutto l’obiettivo di non snaturare queste ultime, essiccando sempre a bassa temperatura e quindi con lunghi tempi di attesa che garantiscono bontà e salubrità.