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Antica Corte Pallavicina Anche il tempo qui si riposa

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Il profumo delle rose mescolato ai sentori dell’orto, il fruscio dei pioppi mossi da un soffio leggero, lo scricchiolio della ghiaia, un saluto allo splendido pavone che passeggia indisturbato nell’orto e uno sguardo ancora all’Antica Corte immersa nel verde della campagna emiliana.
C’è qualcosa di magico nelle vicissitudini racchiuse nelle antiche mura, che hanno visto questo luogo trasformarsi nei secoli, dal 1400 dimora dei Marchesi Pallavicino di Polesine e già note per le cantine in cui venivano affinati salumi, culatelli, formaggi e vini. 

Un restauro durante la metà del 500, in cui i soffitti a cassettoni furono sostituiti con magnifiche volte ad ombrello, poi dopo il 1780 trasformata in caserma di Dragoni confinari per volere di Maria Luigia Duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla, moglie di Napoleone, per cercare di contrastare il fiorente contrabbando sviluppatosi tra le due sponde del Po. 
Dopo il 1860 fu suddivisa in piccole abitazioni ed utilizzata da contadini, pescatori, carrettieri e artigiani, tra loro anche il bisnonno di Massimo e Luciano Spigaroli.
Quando nel 1990 i fratelli riescono ad acquistare la corte, ridotta ormai ad un rudere dopo le numerose esondazioni del fiume Po che scorre al suo fianco, diedero inizio ad interminabili lavori di restauro durati vent’anni.
Un lavoro minuzioso con l’intervento di artigiani e l’uso di mattoni e travi dell’epoca, riportando il piccolo castello ai fasti di un tempo e nuova vita alla Antica Corte Pallavicina.

Impossibile non subire il fascino di questo luogo dall’atrio al soggiorno, dagli affreschi riportati alla luce ai camini, dislocati in ogni stanza, mille i piccoli dettagli ovunque anche sulle scale che portano alle camere intitolate a personaggi legati alla corte Pallavicina, immerse nel silenzio della campagna con il bellissimo soffitto a cassettoni, con decori originali del 1500, da ammirare prima di addormentarsi.

Salendo sull’ascensore, ricavato da una nicchia, per scendere nelle cantine si percepisce il profumo del tesoro conservato nei sotterranei, indescrivibile la meravigliosa visione di circa 6000 culatelli di Zibello DOP appesi ordinatamente a stagionare.

Il profumo unico che si respira è qualcosa di straordinario, il culatello, principe di questa terra parmense, viene trasformato tramite la sapienza, la cura e la passione in qualcosa di sensazionale, complice indispensabile la nebbia della Bassa, le cantine umide e le muffe nobili e quei saperi antichi che la famiglia Spigaroli aveva e continua ad avere. Spiccano qua e là cartellini che riportano nomi altisonanti che commissionano qui i loro pezzi unici del prezioso salume non riproducibile altrove.
Una parte della grande cantina è dedicata ai formaggi, in primis Parmigiano Reggiano con una forma storica del 2004.

Passare in questo luogo senza assaggiare una fetta del prezioso salume ed i piatti dello chef Massimo Spigaroli sarebbe un’eresia. 
Accolti nella bella veranda a vetri in cui troneggia al centro la sua prima cucina professionale, regalatagli dalla madre dopo la sua prima apparizione televisiva nei primi anni ’70 alla trasmissione “Colazione allo Studio 7” programma di Ave Ninchi e Gino Veronelli, oggi adibita a piano d’appoggio per numerose suppellettili e bottiglie di liquori.

Alla parete un grande quadro ritrae la cucina del ristorante di famiglia con i genitori e la zia Emilia al lavoro ed i fratelli Spigaroli ancora bambini intenti a disporre in bell’ordine i ravioli appena fatti quasi fossero soldatini di piombo.

In carta piatti legati alla stagionalità dell’orto, ai prodotti del territorio, frutto dell’azienda agricola di proprietà e di una minuziosa ricerca.

Come mi racconta lo chef Massimo Spigaroli : “quando penso a un piatto immagino gli accostamenti, e assaggiandolo voglio ritrovare i sapori veri delle materie prime, quei sapori che abbiamo impressi nella memoria rivisti in chiave moderna”
Lo chef sempre presente in cucina con la sua giovane brigata, il personale attento e preparato, la pasticceria del pastry chef Antonio Montalto, le ombre della sera che si allungano sugli splendidi bronzi dell’artista milanese Armando Riva poste verso l’argine, i sapori, i profumi e i colori dei piatti  frutto della mano sapiente dello chef ne fanno un luogo unico.

Un luogo senza tempo dove passato e presente sembrano incontrarsi dando la sensazione di vivere un’esperienza fuori dal tempo.
Dalla carta…
il podio dei culatelli di suino bianco 18 e 27 mesi del presidio Slow Food, di nera parmigiana 37 mesi con giardiniera 

un pensiero al mio orto, con maionese verde e bottarga

il “cannelloncino” di coniglio, fuso di Neviano degli Arduini, lumachine e santoreggia

il risotto al verde di fave, orto e piselli

il soufflé ghiacciato di lamponi, pistacchio e salsa vaniglia del pastrychef Antonio Nontalto

e i piccoli particolari
la chitarra 
i vasi al sole come un tempo da cui si otterranno i liquori
la corte 

il pavone
il suino nero di Parma allo stato brado

la colazione 

www.anticacortepallavicinarelais.it
www.acpallavicina.com
Questi e altri momenti li puoi vedere seguendomi qui
https://instagram.com/lalunasulcucchiaio/
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arrivederci

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Categoria: chef da vicino, esperienzeTag: expo2015, Salumi, Territorio

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